domenica 31 ottobre 2010
Epifanie Uruguaye
lunedì 11 ottobre 2010
Litio
Che ho tanto da lamentarmi?
Non tutti trovano "impiego" (che brutto termine) così facilmente, non tutti possono facilmente prevedere quello che faranno da qui a pochi mesi, non tutti hanno avuto opportunità o posseggono cose di cui io magari non devo neanche preoccuparmi... eppure ci sono giorni in cui tutt'un equilibrio a fatica messo in piedi... crolla a causa del semplice vuoto creato da una mancata soddisfazione.
Basterebbe anche solo una, una piccola soddisfazione per dimostrare a me stessa che la giornata (anzi la mezza giornata) appena passata non è stata inutile, e tutto il resto filerebbe liscio come l'olio. La carica per svolgere i piccoli progetti personali, siano essi un mero aggiornamento sullo stato di salute della musica del nostro tempo, o un progetto musicale di cover pop da portare avanti con un amico, o lo studio di una nuova e affascinante lingua...ecco, la carica verrebbe da sè, si auto-alimenterebbe.
Nei giorni "litio" invece faccio fatica a portare avanti qualsiasi progetto#2, se il progetto#1 (quello che mi occupa le prime 8 ore della giornata) non è all'altezza delle mie aspettative.
Devo solo ritrovare la pazienza perduta. Non sempre arriva tutto nella modalità e nel momento prescritti dalle nostre aspettative.
La canzone che vado ad incollare qui non ha a che fare con il mio stato d'animo... ma il titolo mi aveva evidentemente incuriosito al punto di cercare sulla ormai più comune fonte moderna di conoscenza (Google) a cosa servisse il LITIO e pare che sia in grado di attenuare le fluttuazioni bipolari dell'umore.
E così, dal momento che trovo divertente effettuare paragoni spropositati..
eccola.
[..e magari domani questo scritto non avrà più per me alcun senso... per questo forse ho fatto bene a scriverlo per potermi ricordare di fatui e fugaci attimi di panico]
domenica 26 settembre 2010
Io non lo so
lunedì 30 agosto 2010
On the floor, under the fireworks
In Giappone ciò che conta sono i dettagli.
Che tu ti trovi nella più grande metropoli o nel più antico paesino di mercanti, a catturare l'occhio sarà sempre un buffo cartello stradale raffigurante un dentino sorridente o una goffa statuetta porta fortuna dalla pancia pronunciata, posta davanti all'ingresso di una casa, fatto di carta di riso e da una griglia di legno sottile. A colpirti sarà l'ordine che vige su tutto, il senso di armonia che ti viene trasmesso dai giardini pieni di pini giapponesi, con quei ciuffetti perfettamente tondi e quei rami sinuosamente ricurvi; dai ponticelli rossi che sono come una bocca sorridente in mezzo a una distesa di arbusti verde bosco; dalle sculture in pietra che raffigurano qualcosa che tu non potrai capire, a meno che non ti vada a informare a fondo. Ma forse è anche bello così, lasciarsi trasportare e lasciarsi stupire, senza troppi perchè.
A stupirti, in Giappone, non saranno tanto i templi, maestosi e dai colori a volte anche troppo sgargianti; sarà piuttosto l'innata disponibilità mostrata da un professore universitario incrociato fortuitamente e fortunatamente in un momento in cui si stava perdendo l'orientamento e di pari passo anche la lucidità mentale. Il caldo asfissiante ha giocato la sua parte. Il gentile ometto pelato, come del resto la maggior parte dei suoi connazionali, non ti chiederà niente in cambio per le sue preziose informazioni, se non un sorriso di ringraziamento e la possibilità di scambiare due parole riguardo al paese da cui provieni.
A stupirti, più che gli strambi grattacieli, saranno le persone che sotto a questi camminano. Sono tantissime, e ti chiedi dove mai si dirigeranno, a metà Agosto, con così tanta determinazione.
Forse tornano semplicemente da una lunga e faticosa giornata di lavoro, ma sono comunque pronti, instancabili, a compiere il loro dovere: far passare a qualche giovane turista europeo una tipica serata giapponese. Serata in cui si spenderanno soldi, tanti. Ma con la consapevolezza che non ti capiterà molte altre volte di chiuderti in una stanzetta, mangiare pollo fritto con le bacchette seduto di fronte ad un megaschermo e, dopo qualche bicchiere di sakè e birra, alzarsi in piedi ed intonare la stessa canzone stupida con cui ti dilettavi di nascosto in Italia.
Non ti stupirai per i fuochi d'artificio sparati sopra ad un fiume giapponese...ma più che altro perchè alcuni di questi fuochi avranno la forma di una emoticon. Sbarrerai gli occhi di fronte alle stranezze che vedrai esposte nei banchetti di junk food: banane ricoperte di glassa rosa o cioccolato tutte infilzate da uno stecchetto di legno e poste in fila (naturalmente ordinatissima). Lo stesso ordine con cui vedrai sistemati i pesciolini fritti con la bocca aperta, sempre da mangiare a mò di spiedino. Oppure non saprai resistere alla tentazione di fotografare delle ragazzine che indossano yukata o kimoni tradizionali, con ai piedi scomodissime ciabatte di legno, intente a fotografare con i loro squadratissimi cellulari uno spettacolo che probabilmente hanno già visto, e vedranno ogni anno. Cellulari appesantiti da frivoli ciondoli dalle grandezze e fattezze più inimmaginabili.
Ti stupirai anche per la insospettata comodità dei futon, quei famosi materassi posti direttamente per terra sopra ad un finissimo tatami. (Era la stanchezza o erano davvero comodi?).
Potrei stare ore ad elencare cosa mi ha emozionato, cosa mi ha commosso, cosa mi ha infastidito, cosa cambierei se tornassi indietro, cos'altro farei se ci tornassi...
Ma adesso sono in vacanza e devo riposarmi.
Domani andrò al lavoro e sarò comunque in vacanza. Almeno dalle 6pm in poi.
Vacanza dalla mini-casa e dall'indi(e)pendenza che avevo tanto desiderato mesi ADDIETRO, che ora non fanno altro che spaventarmi e si aggiungono agli altri pesi che mi imgombrano la testa. Da quell'indipendenza mi separano solo qualche portone, qualche metro e qualche bidone della spazzatura. Potrò riprendermela quando voglio...
..ma a volte fare un passo indietro serve anche per ricominciare tutto con più carica, vero? Vero?
Almeno fino a che non avrò un nuovo letto.
Buenas Noches, otra amiga peretta!
domenica 15 agosto 2010
Anime belle e sfruttate, non disperate!
mercoledì 4 agosto 2010
It's easy when you're big in Japan
Mi chiedo se tornerò anch'io innamorata, se verrò trattata come una divinità solo perchè turista e perchè anche i turisti tirano fuori l'innato senso del dovere radicato nella cultura giapponese. Mi chiedo se mangerò pesce crudo, riso e spaghettini di soia e se berrò miso soup e tè verde fino alla nausea (siii quanto non vedo l'ora). Mi chiedo se i tatami e i letti appoggiati per terra dei vari Ryokan in cui avremo modo di pernottare saranno comodi. Mi chiedo se il tre come numero di persone che viaggiano insieme sia giusto. Mi chiedo se i nostri gusti e le nostre esigenze si concilieranno e si incontreranno senza sfociare in spiacevoli episodi. Mi chiedo se riuscirò a vivere l'esperienza di un capsula hotel. Mi chiedo se al caos bizzarro, al grigiore illuminato, al rigore malsano e alla vitalità maniacale di Tokyo preferirò i templi di Kyoto o la vita notturna di Osaka. Mi chiedo se supererò di nuovo la timidezza immergendomi in una vasca di un Onsen senza nulla addosso. Mi chiedo se convincerò i miei compagni di viaggio a entrare in un karaoke come quello di Lost in Translation, ai piani alti di un mega grattacielo, chiusi in una stanzetta a bere e cantare dimenticandosi della realtà che sta fuori.)
Forse mi chiedo fin troppo: dovrei semplicemente smettere di informarmi su tutto e godermi il viaggio per come viene. Qualsiasi cosa vedrò sarà una sorpresa e una novità.
Infine, mi chiedo già da ora se mai ci tornerò, in altre circostanze e con altre predisposizioni mentali.
(Confesso che non mi dispiacerebbe "testare" anche un Love Hotel a tema... ma in Giappone, si sa: SE lo si ama, ci si torna. Sooner or later. Vedremo quindi quale sarà il mio verdetto)
mercoledì 28 luglio 2010
sclerosi nazionaliche
Mi dimenticavo di dire che il 26 luglio, qualche giorno fa, c'è stato l'anniversario della morte di Evita. Se a noi pare un personaggio ormai del passato, qui sembra sia morta ieri. La città è tappezzata di poster con la sua faccia, in ogni lato, Evita vive, Movimento Evita ecc. ecc. e c'è stata una enorme sfilata per tutta la città in onore di questo anniversario.
Se si ascoltano le conversazioni della gente del posto, dal taxista al cassiere, Evita salta fuori.
Questo potrebbe far pensare a un pensiero politico ancora legato a fantasmi del passato, ma anche a un luogo dove personaggi che hanno fatto la storia di questo paese non vengono dimenticati, dove il lavoro e la vita di queste persone sono tenuti in forte considerazione e hanno tuttora un peso.
Il paragone con l'Italia è servito sul piatto d'argento, il nostro paese sembra avere il primato per il dimenticatoio riservato a personaggi come Gramsci o Berlinguer.
E come succede con Dante, di Gramsci ci sono mega esperti e si danno grandi lezioni negli ambiguamente colti States, mentre in Italia i saggi del politico non sono più reperibili da anni [fuori catalogo, fuori edizione, fuori spazio-tempo].
A god(dess) on a stage
Da lì anche solo il panorama e la sensazione di privilegio che si prova a trovarsi in quel luogo in quell'esatto momento (con altre NON TROPPE persone), varrebbero il prezzo del biglietto. Se poi ci aggiungiamo una band che ha pubblicato due tra gli album migliori dagli anni 90 ad oggi, i Mercury Rev, non possiamo che elevarci ancora di più verso la divina scia che si lasciano dietro alcuni eventi musicali.
Psichedelici, Orchestrali, talvolta orecchiabili talvolta sperimentali, ma sempre sopra le righe.
(sì, sto esagerando e.. sì, scriverò soprattutto di musica in questo blog, essendo io persona sedentaria -a detta della compare MariaGrace dagli occhi blu- e che al momento e per un periodo ancora non ben definito non ha intenzione di spostarsi se non per fugaci ma intense serate musicali et similia).
Vado ora ad iniziare la giornata lavorativa.
A presto su questi (e su quegli altri, dall'altro capo del mondo) schermi.
martedì 27 luglio 2010
cause I don't longer know what home is
Dodicesimo giorno in ostello, comincia a starmi stretta la camera che condivido con altre sei persone, il disastro di roba (altrui) accumulata per terra e della mia accumulata sopra il letto.
Sono all'ultimo paio di calzini puliti, la privacy me la sono dimenticata da ormai un bel po'. Per non parlare del bagno condiviso con tutto il piano.
Prima di entrare nel mio appartamentino in affitto manca ancora un'intera settimana. I disagi sono tanti ma ci si diverte un sacco. Nella cucina all'ultimo piano si forma ogni giorno una sottospecie di famiglia, che cambia ogni giorno i suoi protagonisti. I tempi sono accelerati: in ostello in meno di mezza giornata si diventa amici e si condivide tutto. Brasiliani, americani, britannici (e nessun italiano incontrato fin'ora) uniti in cucina davanti a un piatto di cose da mangiare non ben definite.
Primi giorni di lavoro durissimi: le persone che ti guardano con sospetto, assenza di fiducia, niente da fare se non i soliti lavori astrusi tipo scrivere indirizzi su decine di cartoni da spedire che ti chiedi perchè cacchio ho studiato 5 anni che a scrivere ho imparato alle elementari! E poi ricevere anche i complimenti per la magnifica scrittura, ma uno certi complimenti non gli viene in mente che non li dovrebbe fare????
E dopo una settimana di disagio finalmente qualcosa si smuove, dopo avermi studiato finalmente si rendono conto che non sono venuta dall'italia per fissare un muro e che so fare ben di meglio che avre una bella scrittura, quindi felicitazioni per l'inizio di una nuova settimana esaltante piena di nuove responsabilità lavorative!!!
Ahhh eggina eres una bandida (si pronuncia bangida, è portoghese vuol dire birbante!) mi fai questi tiri sentimentali mentre sto dall'altra parte del mondo.
E soprattutto con un tema caldo come quello della musica che ti puoi immaginare qui non proprio eccellente DICIAMO.
INVIDIA MAXIMA soprattutto per i Kings of Convenience, che sofferenza.
Dunque cercherò di trovare argomenti per controbattere alla poderosa offerta musicale di Ferrara.
La domenica a San Telmo, il quartiere del tango, povero e popolare, c'è un mercatino di antiquariato incredibile e così pieno di oggetti inusitati che la nostra Eugi sarebbe uscita di testa, telefoni ottocenteschi, giocattoli storici, cartoline, posters, intere collezioni di vecchie scatole di cerini: una meraviglia. Tutto questo circondato da spettacolini di tango e musicisti incredibili.
Ovviamente ho fatto delle foto, e ovviamente mi sono dimenticata il cavetto per importarle nel pc, pessimo! Ne metto una trovata in interneci di un baracchino in cui c'erano solo telefoni, dì non ne vorresti uno così per il tuo appartamentino?
sabato 24 luglio 2010
Fenomeni Sotto le Stelle
- Micah P Hinson, un Johnny Cash dei nostri giorni: una chitarra scordata -quasi a renderla più umana e vicina al suo "padrone"- ed una voce cupa e vissuta che mai assoceremmo ad una faccetta così "imberbe" e a quel suo look da collegiale che ha appena scoperto lo stile hype dei suoi coetanei e non vuole passare per quello che rimane indietro (finendo quindi per apparire quasi ridicolo). Il suo passato sofferto (droga, prigione, situazioni critiche tutte vissute prima dei 25 anni...) ce lo racconta lui stesso ma sdrammatizzando senza giri di parole e senza filtri per la sua "unpoliteness". E se non ce lo racconta lui trapela comunque da quella voce e da quella chitarra, dalla sua schiettezza nevrotica e tabagista che lo fa salire e scendere dal palco senza una logica, togliendosi e rimettendosi la borsa in finta pelle e accendendo sigarette scusandosi ripetutamente e insistentemente col suo pubblico. Ci ha incuriosito, intenerito, stupito, infastidito, ci ha fatto venire voglia di scoprire qualcosa in più sul suo conto, magari portandoselo in giro per una birretta post-concerto a Ferrara. Ci ha però soprattutto commosso, nel senso meno "zuccheroso" del termine.
- Jònsi: presentato in modo così asettico e poco poetico dal poster all'ingresso di piazza castello (con su scritto "Jonsi - il cantante dei Sigur Ros"), ha regalato uno show che potrebbe far saltare il suo concerto tra i primissimi posti della "classifica dei migliori concerti mai visti". Una scenografia silvestre, studiata a puntino per regalarci immagini di alberi, di animali dall'andamento e dalle movenze così sinuose e così ben fusi con le note da farci rimanere inebetiti, con gli occhi sognanti. Un'intera band alle spalle che non è certo paragonabile ai Sigur Ros ma è comunque affiatata.. i loro movimenti sul palco ricordavano quasi quelli di bambini in una ludoteca... ogni strumento era come un giocattolo che maneggiavano con naturalezza e con dei sorrisi ingenui e spontanei incollati alla faccia: contagiosi. La voce di Jonsi è come ce la ricordavamo ai tempi dei Sigur Ros: eterea, da creatura dei boschi...Però questa volta è meno irraggiungibile, meno ultraterrena: saranno i ritmi più pop, la batteria regolare e martellante, i costumi a tema o le piume colorate... ma Jonsi è riuscito ad accaparrarsi anche un pubblico molto giovane e da "fan club": ce l'ha dimostrato la prima fila, formata unicamente da ragazzine addobbate con ogni genere di gadget a tema, addestrate e pronte a sfoggiare gli accessori giusti al momento giusto... in fondo tenere, a modo loro.
- Kings of Convenience: non c'è bisogno di descriverli... due macchiette venute dal nord: il primo, Erik, tentava in modo molto composto e formale di interagire con il pubblico; l'altro (Erlende) semplicemente più "colorato", a partire dalla camicia a quadretti colorati e dai panaloni ROSA :) E' un vero e proprio clown, il palco è il suo ambiente naturale e la sua faccia da ragazzino nerd che ne ha combinate di tutti i colori ed è forse cresciuto troppo in fretta è così divertente che verrebbe voglia di portarselo a casa. Ma oltre a farci sorridere, questi due personaggi, con le loro due chitarre perfettamente sincronizzate e le loro voci soft che si sovrappongono con innata sintonia, ci hanno fatto amare ancora di più le loro canzoni che non smetteremmo mai di ascoltare: sono capaci ogni volta di proiettarci in un mondo bucolico dai colori accesi e dal sole accecante .. ma anche un mondo (quello da cui provengono) solitario, nordico, norvegese, dai colori chiari e freddi; mondo che per ora posso solo immaginare.
and my boss won't be happy
but I can't stop listening to the sound
of two soft voices blended in perfection
from the reels of this record that I found
every day there's a boy in the mirror
asking me
what are you doing here
finding all my previous motives
growing increasingly unclear
I travelled far and I burned all the bridges
I believed as SOON as I hit land
all the other
options held before me
WILL wither in the light of my plan
so I lose some sales
and my boss won't be happy
but there's only one thing on my mind
searching boxes underneath the counter
on a chance that on a tape I'd find
a song for
someone who needs somewhere
to long for
homesick
cause I no longer know
what home is.