domenica 31 ottobre 2010

Epifanie Uruguaye

Com'è che ci si sente in un paese straniero (non EU) quando ti scadono i tre mesi da turista e sei costretto a passare la frontiera per non essere CLANDESTINO???????
Mai nella mia vita avrei pensato di sentirmi così, un'immigrante come un'altra.
Fino all'ultimo pensavo, vabbè dai ma cosa vuoi che sia se mi scade il timbro sul passaporto? La presunzione di provenire da un paese del primo mondo ti fa sentire sempre protetto, o almeno ti fa pensare che non ti dovrai sporcare le mani come qualunque peruviano o boliviano.
E invece no.
Come quando sulla strada per andare a scuola passavo davanti alla questura e vedevo le file interminabili di stranieri che aspettavano dall'alba per farsi probabilmente dire da un polizziotto maleducato che le carte non erano tutte, che mancava questo o quell'altro documento, e provavo pena per loro ma una pena distante, di chi sa che non sarà mai in quella condizione.
Ora io mi ritrovo da più di un mese a cercare di fare tutte le carte per essere messa in regola e poter firmare il mio contratto di lavoro, e ogni volta che mi sembra di fare un passo avanti scopro un nuovo documento che mi manca.
E aspetto ore negli uffici, soprattutto per ottenere ciò che in apparenza è la cosa più semplice, INFORMAZIONI.
Eh sì, perchè è tutto lì il giochino: non sapere mai con chiarezza tutto quello che vogliono.
E dunque mi trovo per la terza volta nello stesso ufficio per sentirmi dire che se voglio il mio documento devo tornare magari dopo le sei con una cinquantina di tramezzini farciti con prosciutto e formaggio.
Ovviamente io rimango una privilegiata, perchè in ogni caso non è la fame che mi spinge a cambiare paese.
Ma da ogni disavventura si può ricavare qualcosa, e io dal mio breve espatrio in Urguay ho avuto l'opportunità di scoprire un paesino magnifico, che sembra essersi fermato a 50 anni fa, dove le macchine si fermano per farti passare e la vita ha ancora ritmi umani. Uno sguardo superficiale si ferma a questa impressione di paese "arretrato", con un minimo di attenzione si scopre che l'economia Uruguayana ha superato quella argentina (il peso Urugayo vale più di quello Argentino), che le famose vacche degli asado argentini al momento vengono comprate in questo paese che ha una superficie più o meno equivalemte a quella della sola Buenos Aires, che lì stanno invertendo nelle energie rinnovabili.
Ma è un'altra la rivelazione Uruguaya: il presidente del paese ogni mese DONA il suo intero stipendio alla comnità, perchè sostiene di poter vivere benissimo con il solo stipendio della moglie.
E tu cerchi cerchi una democrazia che funzioni, e te la ritrovi per sbaglio in un paesino inesistente per i media e che creca in tutti i modi di non far parlare di sè.



lunedì 11 ottobre 2010

Litio

Sarà la sindrome che coglie l'essere femminile in quei giorni del mese... ma mi ritrovo nel mezzo di una crisi e non posso neanche considerarla "di mezza età" ...
Che ho tanto da lamentarmi?
Non tutti trovano "impiego" (che brutto termine) così facilmente, non tutti possono facilmente prevedere quello che faranno da qui a pochi mesi, non tutti hanno avuto opportunità o posseggono cose di cui io magari non devo neanche preoccuparmi... eppure ci sono giorni in cui tutt'un equilibrio a fatica messo in piedi... crolla a causa del semplice vuoto creato da una mancata soddisfazione.
Basterebbe anche solo una, una piccola soddisfazione per dimostrare a me stessa che la giornata (anzi la mezza giornata) appena passata non è stata inutile, e tutto il resto filerebbe liscio come l'olio. La carica per svolgere i piccoli progetti personali, siano essi un mero aggiornamento sullo stato di salute della musica del nostro tempo, o un progetto musicale di cover pop da portare avanti con un amico, o lo studio di una nuova e affascinante lingua...ecco, la carica verrebbe da sè, si auto-alimenterebbe.
Nei giorni "litio" invece faccio fatica a portare avanti qualsiasi progetto#2, se il progetto#1 (quello che mi occupa le prime 8 ore della giornata) non è all'altezza delle mie aspettative.

Devo solo ritrovare la pazienza perduta. Non sempre arriva tutto nella modalità e nel momento prescritti dalle nostre aspettative.


La canzone che vado ad incollare qui non ha a che fare con il mio stato d'animo... ma il titolo mi aveva evidentemente incuriosito al punto di cercare sulla ormai più comune fonte moderna di conoscenza (Google) a cosa servisse il LITIO e pare che sia in grado di attenuare le fluttuazioni bipolari dell'umore.
E così, dal momento che trovo divertente effettuare paragoni spropositati..
eccola.




[..e magari domani questo scritto non avrà più per me alcun senso... per questo forse ho fatto bene a scriverlo per potermi ricordare di fatui e fugaci attimi di panico]


domenica 26 settembre 2010

Io non lo so

mamma mia che sparizione!
è incredibile descrivere la repulsione che in questo momento sto provando per la digitazione di lemmi che superino il loro semplice significato per arrivare a descrivere un'intera realtà.
Perché sarebbe questo l'intento, assai arduo, tanto che mi è proprio passata la voglia.
Ma cosa vuoi che ti dica, NON HO IDEA DI COSA FARò QUI FINO A MAGGIO.
E ho paura a pensarci, quindi non avevo voglia di rispondere.
Forse per la prima volta nella mia vita sto vivendo giorno per giorno, e sono curiosa di scoprire tutto della parte di mondo che sto vivendo e dell'effetto che sta producendo in me.
E poi è arrivata la primavera, ho cominciato il corso di fotografia, non ho smesso di lavorare tutti i giorni per il festival, continuo il corso di teatro e ho una lista di cose da fare pressoché infinita.
Sto cominciando anche a mandare curriculum in giro, perchè se fosse per loro mi terrebbero li a lavorare gratis per sempre, ma io necessito de un trabajo pago, come si dice qui.
Chissà se finirò a fare la telefonista in italiano o a dare lezioni di sta lingua, o se mi riiscrivo all'università che qui è di ottima qualità e completamente gratis.
Vuole dire che non si sgancia nemmeno un peso argentino, zero zero per tutti gli anni del corso. La gente viene da tutto il sud america per fare l'università qui, ma come si fa a resistere. O anche per fare un master che rispetto a quanto costano i nostri te lo tirano dietro!
AAAAAARghhhh maledetta irrequietezza del curioso (cara Eugi so che mi capisci perfettamente al riguardo).
Però si può dire che io stia bene, il che è quasi un miracolo per il mio stato animistico. Non che sia tranquilla o priva dei miei soliti dubbi amletici su la qualsiasi cosa, però sto bene.
Solo che quando sono immersa in un'altra realtà, chennesò tipo un film che ti prende di brutto (tipo the inception fighissimo!) quando esco appunto da questa realtà fittizzia per rientrare nella mia, tac! Ecco che devo RIcordarMI dove sono e cosa sto facendo. Però non così per dire, mi succede spessissimo di dovermi auto ricordare dove sono e che faccio qui.
Dunque il punto è che nemmeno io so che sto facendo o perchè mi fermo qui, quindi come vuoi che lo spieghi a qualcun'altro. Sarebbe una bomba saperlo.
Non so per quale ragione astrale sono finita qui, ma ora che ci sono e (come si dice qui) è buena onda, ne approfitto per soddisfare la mia curiosità. E poi vedremo, chissà se una realtà ha più diritto di essere reale di un'altra.
E quindi via giorno per giorno: andare a mangaire al barrio chino, visitare il jardin japones, comprarsi una bici e andare al tigre, farsi un fine settimana a rosario, festeggiare il compleanno invitando gente che appena conosco e avere una banda che suona dal vivo nella terrazza di casa mia, giocare a volley al parco, noleggiare la macchina e andare fino a Rosario, comprare il materiale per autocostruirsi una lampada, e adesso vado a dormire che domani inizio presto e devo smontare una mostra di 90 foto.







lunedì 30 agosto 2010

On the floor, under the fireworks




In Giappone ciò che conta sono i dettagli.
Che tu ti trovi nella più grande metropoli o nel più antico paesino di mercanti, a catturare l'occhio sarà sempre un buffo cartello stradale raffigurante un dentino sorridente o una goffa statuetta porta fortuna dalla pancia pronunciata, posta davanti all'ingresso di una casa, fatto di carta di riso e da una griglia di legno sottile. A colpirti sarà l'ordine che vige su tutto, il senso di armonia che ti viene trasmesso dai giardini pieni di pini giapponesi, con quei ciuffetti perfettamente tondi e quei rami sinuosamente ricurvi; dai ponticelli rossi che sono come una bocca sorridente in mezzo a una distesa di arbusti verde bosco; dalle sculture in pietra che raffigurano qualcosa che tu non potrai capire, a meno che non ti vada a informare a fondo. Ma forse è anche bello così, lasciarsi trasportare e lasciarsi stupire, senza troppi perchè.
A stupirti, in Giappone, non saranno tanto i templi, maestosi e dai colori a volte anche troppo sgargianti; sarà piuttosto l'innata disponibilità mostrata da un professore universitario incrociato fortuitamente e fortunatamente in un momento in cui si stava perdendo l'orientamento e di pari passo anche la lucidità mentale. Il caldo asfissiante ha giocato la sua parte. Il gentile ometto pelato, come del resto la maggior parte dei suoi connazionali, non ti chiederà niente in cambio per le sue preziose informazioni, se non un sorriso di ringraziamento e la possibilità di scambiare due parole riguardo al paese da cui provieni.
A stupirti, più che gli strambi grattacieli, saranno le persone che sotto a questi camminano. Sono tantissime, e ti chiedi dove mai si dirigeranno, a metà Agosto, con così tanta determinazione.
Forse tornano semplicemente da una lunga e faticosa giornata di lavoro, ma sono comunque pronti, instancabili, a compiere il loro dovere: far passare a qualche giovane turista europeo una tipica serata giapponese. Serata in cui si spenderanno soldi, tanti. Ma con la consapevolezza che non ti capiterà molte altre volte di chiuderti in una stanzetta, mangiare pollo fritto con le bacchette seduto di fronte ad un megaschermo e, dopo qualche bicchiere di sakè e birra, alzarsi in piedi ed intonare la stessa canzone stupida con cui ti dilettavi di nascosto in Italia.
Non ti stupirai per i fuochi d'artificio sparati sopra ad un fiume giapponese...ma più che altro perchè alcuni di questi fuochi avranno la forma di una emoticon. Sbarrerai gli occhi di fronte alle stranezze che vedrai esposte nei banchetti di junk food: banane ricoperte di glassa rosa o cioccolato tutte infilzate da uno stecchetto di legno e poste in fila (naturalmente ordinatissima). Lo stesso ordine con cui vedrai sistemati i pesciolini fritti con la bocca aperta, sempre da mangiare a mò di spiedino. Oppure non saprai resistere alla tentazione di fotografare delle ragazzine che indossano yukata o kimoni tradizionali, con ai piedi scomodissime ciabatte di legno, intente a fotografare con i loro squadratissimi cellulari uno spettacolo che probabilmente hanno già visto, e vedranno ogni anno. Cellulari appesantiti da frivoli ciondoli dalle grandezze e fattezze più inimmaginabili.
Ti stupirai anche per la insospettata comodità dei futon, quei famosi materassi posti direttamente per terra sopra ad un finissimo tatami. (Era la stanchezza o erano davvero comodi?).


Potrei stare ore ad elencare cosa mi ha emozionato, cosa mi ha commosso, cosa mi ha infastidito, cosa cambierei se tornassi indietro, cos'altro farei se ci tornassi...
Ma adesso sono in vacanza e devo riposarmi.
Domani andrò al lavoro e sarò comunque in vacanza. Almeno dalle 6pm in poi.
Vacanza dalla mini-casa e dall'indi(e)pendenza che avevo tanto desiderato mesi ADDIETRO, che ora non fanno altro che spaventarmi e si aggiungono agli altri pesi che mi imgombrano la testa. Da quell'indipendenza mi separano solo qualche portone, qualche metro e qualche bidone della spazzatura. Potrò riprendermela quando voglio...
..ma a volte fare un passo indietro serve anche per ricominciare tutto con più carica, vero? Vero?
Almeno fino a che non avrò un nuovo letto.
Buenas Noches, otra amiga peretta!


domenica 15 agosto 2010

Anime belle e sfruttate, non disperate!

La mia assenza dalle pagine virtuali è stata causata dall'inizio ufficiale, la settimana scorsa, del festival di fotografia per cui lavoro (senza ricevere nemmeno l'ombra di uno stipendio). Ciò ha comportato qualcosa come 7 o più inaugurazioni, tutta la settimana di letture portfolio, un intero ciclo di conferenze e chi più ne ha più ne metta = 15 ore di lavoro come minimo al giorno.
La parte organizzativa occupa quasi tutta la questione, immaginatevi infatti che si trattava di coordinare 90 artisti e almeno 50 esposizioni, non solo a BA ma anche in tutta la provincia.
Un lavoro da matti, fatto di momenti estremamente soddisfacenti e altri sconfortatamente umilianti: spostare pacchi e pacchi di foto, allestire le mostre, veder accolto un tuo consiglio su un allestimento da un curatore di grosso tiro come Juan Travnik, cronometrare il tempo delle revisioni e uralre nel megafono "FINE TURNO" ogni 20 minuti per tutta una giornata, accollarsi le esigenze di fotografi senza alcun contatto con la realtà che arrivano a 4 giorni dall'inauguarazione con le cornici da montare e 40 foto stampate su tela da fissarci sopra, cene e pranzi tipici argentini con artisti da tutto il mondo con cui stringere amicizie inaspettate, tradurre dall'inglese allo spagnolo e viceversa, vendere cataloghi, fare la traduzione simultanea di una conferenza in italiano (la cosa più difficile della mia vita: avere nele cuffie la voce di una persona, capire cosa dice, tradurre e parlare senza potersi ascoltare mai piùùù mai piùùùùù!!!!), svegliarsi presto anche sabati e domeniche, andare a comprare borse, buste, ritirare commissioni, risolvere crisi istantanee tipo: uno dei revisori portfolio non si preseta senza dire ne a nè b e affrontare decine di persone incazzatissime che hanno pagato per quella revisione,
E dopo tanti momenti in cui ti senti uno schiavo e stimato peggio di un facchino, nell'ennesima domenica in cui ti devi svegliare presto per presenziare alle "intervenciones urbanas" e cagarsi dal freddo in strada per tutto il giorno e smadonnare perchè stai facendo tutto questo aggratiseee, finalmente un momento in cui le cose sembrano prendere un giusto ordine.
Oggi premiavano delle foto che la gente poteva liberamente appendere per la strada, il primo premio è una borsa per studiare nella EAF (Escuela Argentina de Fotografia) che organizza il festival. La mia capa viene li e mi racconta appunto questa cosa dei premi, e io dico, caz magari anch'io una borsa, e lei mi dice che io ce l'ho già una borsa, perchè ho lavorato come un' asina.
E finalmente tutti i momenti umilianti di vendita cataloghi o distribuzione guide o trasporto casse pesanti in cui mi dicevo tutto serve tutto serve fai tutto bene anche le stronzate, ecco finalmente hanno trovato un giusto posto nella mia testa, perchè avere riconoscimento per quello che si è fatto è necessario, perchè la EAF ha appena vinto il premio Sony (che significa che è una delle migliori scuole di fotografia del mondo), perchè per caso o non so per quale altra ragione sono finita a lavorare in questo mondo e avere delle nozioni tecniche costituirà un salto di qualità incredibile per quello che faccio.
Ero anche molto spaventata dall'idea di ritrovarmi a non saper cosa fare perchè finite quste settimane caldissime non avessero più bisogno di me, e invece mi dicono che mi aspettano martedi in ufficio per continuare a lavorare insieme!
Metterci l'anima nelle cose che si fa serve a qualcosa, dunque anime belle e sfruttate non disperate!



mercoledì 4 agosto 2010

It's easy when you're big in Japan

...Mentre organizzo il mio tempo e le mie ultime giornate di lavoro, ascoltando l'ultima "fatica" degli Interpol (per ora sembra non certo originale rispetto al passato ma piacevolmente ascoltabile :D), penso a quando, tra due giorni, sarò in una terra lontanissima d'Oriente.
Mi chiedo se tornerò anch'io innamorata, se verrò trattata come una divinità solo perchè turista e perchè anche i turisti tirano fuori l'innato senso del dovere radicato nella cultura giapponese. Mi chiedo se mangerò pesce crudo, riso e spaghettini di soia e se berrò miso soup e tè verde fino alla nausea (siii quanto non vedo l'ora). Mi chiedo se i tatami e i letti appoggiati per terra dei vari Ryokan in cui avremo modo di pernottare saranno comodi. Mi chiedo se il tre come numero di persone che viaggiano insieme sia giusto. Mi chiedo se i nostri gusti e le nostre esigenze si concilieranno e si incontreranno senza sfociare in spiacevoli episodi. Mi chiedo se riuscirò a vivere l'esperienza di un capsula hotel. Mi chiedo se al caos bizzarro, al grigiore illuminato, al rigore malsano e alla vitalità maniacale di Tokyo preferirò i templi di Kyoto o la vita notturna di Osaka. Mi chiedo se supererò di nuovo la timidezza immergendomi in una vasca di un Onsen senza nulla addosso. Mi chiedo se convincerò i miei compagni di viaggio a entrare in un karaoke come quello di Lost in Translation, ai piani alti di un mega grattacielo, chiusi in una stanzetta a bere e cantare dimenticandosi della realtà che sta fuori.)
Forse mi chiedo fin troppo: dovrei semplicemente smettere di informarmi su tutto e godermi il viaggio per come viene. Qualsiasi cosa vedrò sarà una sorpresa e una novità.

Infine, mi chiedo già da ora se mai ci tornerò, in altre circostanze e con altre predisposizioni mentali.

(Confesso che non mi dispiacerebbe "testare" anche un Love Hotel a tema... ma in Giappone, si sa: SE lo si ama, ci si torna. Sooner or later. Vedremo quindi quale sarà il mio verdetto)


mercoledì 28 luglio 2010

sclerosi nazionaliche

Mi dimenticavo di dire che il 26 luglio, qualche giorno fa, c'è stato l'anniversario della morte di Evita. Se a noi pare un personaggio ormai del passato, qui sembra sia morta ieri. La città è tappezzata di poster con la sua faccia, in ogni lato, Evita vive, Movimento Evita ecc. ecc. e c'è stata una enorme sfilata per tutta la città in onore di questo anniversario.

Se si ascoltano le conversazioni della gente del posto, dal taxista al cassiere, Evita salta fuori.

Questo potrebbe far pensare a un pensiero politico ancora legato a fantasmi del passato, ma anche a un luogo dove personaggi che hanno fatto la storia di questo paese non vengono dimenticati, dove il lavoro e la vita di queste persone sono tenuti in forte considerazione e hanno tuttora un peso.

Il paragone con l'Italia è servito sul piatto d'argento, il nostro paese sembra avere il primato per il dimenticatoio riservato a personaggi come Gramsci o Berlinguer.

E come succede con Dante, di Gramsci ci sono mega esperti e si danno grandi lezioni negli ambiguamente colti States, mentre in Italia i saggi del politico non sono più reperibili da anni [fuori catalogo, fuori edizione, fuori spazio-tempo].



A god(dess) on a stage

Anche ieri sera ho avuto il piacere di assister ad un ottimo concerto -in altrettanto ottima compagnia :) - sito in una location spettaculare come il bel paesino medioevale dell'entroterra riminese, conosciuto come Verucchio.
Da lì anche solo il panorama e la sensazione di privilegio che si prova a trovarsi in quel luogo in quell'esatto momento (con altre NON TROPPE persone), varrebbero il prezzo del biglietto. Se poi ci aggiungiamo una band che ha pubblicato due tra gli album migliori dagli anni 90 ad oggi, i Mercury Rev, non possiamo che elevarci ancora di più verso la divina scia che si lasciano dietro alcuni eventi musicali.
Psichedelici, Orchestrali, talvolta orecchiabili talvolta sperimentali, ma sempre sopra le righe.
(sì, sto esagerando e.. sì, scriverò soprattutto di musica in questo blog, essendo io persona sedentaria -a detta della compare MariaGrace dagli occhi blu- e che al momento e per un periodo ancora non ben definito non ha intenzione di spostarsi se non per fugaci ma intense serate musicali et similia).
Vado ora ad iniziare la giornata lavorativa.
A presto su questi (e su quegli altri, dall'altro capo del mondo) schermi.


martedì 27 luglio 2010

cause I don't longer know what home is

Dodicesimo giorno in ostello, comincia a starmi stretta la camera che condivido con altre sei persone, il disastro di roba (altrui) accumulata per terra e della mia accumulata sopra il letto.

Sono all'ultimo paio di calzini puliti, la privacy me la sono dimenticata da ormai un bel po'. Per non parlare del bagno condiviso con tutto il piano.

Prima di entrare nel mio appartamentino in affitto manca ancora un'intera settimana. I disagi sono tanti ma ci si diverte un sacco. Nella cucina all'ultimo piano si forma ogni giorno una sottospecie di famiglia, che cambia ogni giorno i suoi protagonisti. I tempi sono accelerati: in ostello in meno di mezza giornata si diventa amici e si condivide tutto. Brasiliani, americani, britannici (e nessun italiano incontrato fin'ora) uniti in cucina davanti a un piatto di cose da mangiare non ben definite.

Primi giorni di lavoro durissimi: le persone che ti guardano con sospetto, assenza di fiducia, niente da fare se non i soliti lavori astrusi tipo scrivere indirizzi su decine di cartoni da spedire che ti chiedi perchè cacchio ho studiato 5 anni che a scrivere ho imparato alle elementari! E poi ricevere anche i complimenti per la magnifica scrittura, ma uno certi complimenti non gli viene in mente che non li dovrebbe fare????

E dopo una settimana di disagio finalmente qualcosa si smuove, dopo avermi studiato finalmente si rendono conto che non sono venuta dall'italia per fissare un muro e che so fare ben di meglio che avre una bella scrittura, quindi felicitazioni per l'inizio di una nuova settimana esaltante piena di nuove responsabilità lavorative!!!



Ahhh eggina eres una bandida (si pronuncia bangida, è portoghese vuol dire birbante!) mi fai questi tiri sentimentali mentre sto dall'altra parte del mondo.

E soprattutto con un tema caldo come quello della musica che ti puoi immaginare qui non proprio eccellente DICIAMO.

INVIDIA MAXIMA soprattutto per i Kings of Convenience, che sofferenza.

Dunque cercherò di trovare argomenti per controbattere alla poderosa offerta musicale di Ferrara.

La domenica a San Telmo, il quartiere del tango, povero e popolare, c'è un mercatino di antiquariato incredibile e così pieno di oggetti inusitati che la nostra Eugi sarebbe uscita di testa, telefoni ottocenteschi, giocattoli storici, cartoline, posters, intere collezioni di vecchie scatole di cerini: una meraviglia. Tutto questo circondato da spettacolini di tango e musicisti incredibili.

Ovviamente ho fatto delle foto, e ovviamente mi sono dimenticata il cavetto per importarle nel pc, pessimo! Ne metto una trovata in interneci di un baracchino in cui c'erano solo telefoni, dì non ne vorresti uno così per il tuo appartamentino?


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sabato 24 luglio 2010

Fenomeni Sotto le Stelle

Cos'hanno in comune un mezzo texano, un islandese e due norvegesi???
Beh, il potere di catturare, ognuno a modo suo, l'attenzione di noi privilegiati spettatori che spesso partecipiamo agli eventi per i motivi più disparati: perchè spinti dalla parola "gratuito", perchè incuriositi da quei pochi brani che si aveva avuto il piacere di ascoltare a casa e condividere con qualche amico online, perchè qualche parola più convincente e zuccherosa ci ha permesso di vincere il biglietto, perchè si voleva accompagnare qualcuno che ci teneva più di noi etc...
Beh, nessuno dei personaggi che ho nominato sopra mi ha lasciato indifferente.
  • Micah P Hinson, un Johnny Cash dei nostri giorni: una chitarra scordata -quasi a renderla più umana e vicina al suo "padrone"- ed una voce cupa e vissuta che mai assoceremmo ad una faccetta così "imberbe" e a quel suo look da collegiale che ha appena scoperto lo stile hype dei suoi coetanei e non vuole passare per quello che rimane indietro (finendo quindi per apparire quasi ridicolo). Il suo passato sofferto (droga, prigione, situazioni critiche tutte vissute prima dei 25 anni...) ce lo racconta lui stesso ma sdrammatizzando senza giri di parole e senza filtri per la sua "unpoliteness". E se non ce lo racconta lui trapela comunque da quella voce e da quella chitarra, dalla sua schiettezza nevrotica e tabagista che lo fa salire e scendere dal palco senza una logica, togliendosi e rimettendosi la borsa in finta pelle e accendendo sigarette scusandosi ripetutamente e insistentemente col suo pubblico. Ci ha incuriosito, intenerito, stupito, infastidito, ci ha fatto venire voglia di scoprire qualcosa in più sul suo conto, magari portandoselo in giro per una birretta post-concerto a Ferrara. Ci ha però soprattutto commosso, nel senso meno "zuccheroso" del termine.
  • Jònsi: presentato in modo così asettico e poco poetico dal poster all'ingresso di piazza castello (con su scritto "Jonsi - il cantante dei Sigur Ros"), ha regalato uno show che potrebbe far saltare il suo concerto tra i primissimi posti della "classifica dei migliori concerti mai visti". Una scenografia silvestre, studiata a puntino per regalarci immagini di alberi, di animali dall'andamento e dalle movenze così sinuose e così ben fusi con le note da farci rimanere inebetiti, con gli occhi sognanti. Un'intera band alle spalle che non è certo paragonabile ai Sigur Ros ma è comunque affiatata.. i loro movimenti sul palco ricordavano quasi quelli di bambini in una ludoteca... ogni strumento era come un giocattolo che maneggiavano con naturalezza e con dei sorrisi ingenui e spontanei incollati alla faccia: contagiosi. La voce di Jonsi è come ce la ricordavamo ai tempi dei Sigur Ros: eterea, da creatura dei boschi...Però questa volta è meno irraggiungibile, meno ultraterrena: saranno i ritmi più pop, la batteria regolare e martellante, i costumi a tema o le piume colorate... ma Jonsi è riuscito ad accaparrarsi anche un pubblico molto giovane e da "fan club": ce l'ha dimostrato la prima fila, formata unicamente da ragazzine addobbate con ogni genere di gadget a tema, addestrate e pronte a sfoggiare gli accessori giusti al momento giusto... in fondo tenere, a modo loro.
  • Kings of Convenience: non c'è bisogno di descriverli... due macchiette venute dal nord: il primo, Erik, tentava in modo molto composto e formale di interagire con il pubblico; l'altro (Erlende) semplicemente più "colorato", a partire dalla camicia a quadretti colorati e dai panaloni ROSA :) E' un vero e proprio clown, il palco è il suo ambiente naturale e la sua faccia da ragazzino nerd che ne ha combinate di tutti i colori ed è forse cresciuto troppo in fretta è così divertente che verrebbe voglia di portarselo a casa. Ma oltre a farci sorridere, questi due personaggi, con le loro due chitarre perfettamente sincronizzate e le loro voci soft che si sovrappongono con innata sintonia, ci hanno fatto amare ancora di più le loro canzoni che non smetteremmo mai di ascoltare: sono capaci ogni volta di proiettarci in un mondo bucolico dai colori accesi e dal sole accecante .. ma anche un mondo (quello da cui provengono) solitario, nordico, norvegese, dai colori chiari e freddi; mondo che per ora posso solo immaginare.
Mi è sembrato di captare, ascoltando una delle loro canzoni, una porzione di testo che mi sarebbe potuta piacere... sono andata ora a pescare il testo completo.. la canzone è Homesick. Dico la verità: nel leggerla mi è quasi scesa una parvenza di lacrima perchè credo non ci sia canzone più adatta, in questo momento, da dedicare alla nostra Meri che ultimamente sembra volerci salutare troppo spesso... Dal momento che non era con me al concerto a cui SO che avrebbe voluto partecipare.. incollo qui il suddetto testo "colpevole" (di aver rotto per un attimo il mio muro di algiditas :p):

I lose some sales
and my boss won't be happy
but I can't stop listening to the sound
of two soft voices blended in perfection
from the reels of this record that I found

every day there's a boy in the mirror
asking me
what are you doing here
finding all my previous motives
growing increasingly unclear

I travelled far and I burned all the bridges
I believed as SOON as I hit land
all the other
options held before me
WILL wither in the light of my plan

so I lose some sales
and my boss won't be happy
but there's only one thing on my mind
searching boxes underneath the counter
on a chance that on a tape I'd find

a song for
someone who needs somewhere
to long for

homesick
cause I no longer know
what home is.



giovedì 22 luglio 2010

Tante facce di civiltà

Buenos Aires continua a mantenere il suo dignitoso aspetto di città più europea dell'America Latina, ma dal 2002 da capitale più cara del continente è diventata la più economica.
La povertà non ti si appiccica addosso, la si nota in momenti ben distinti. Come in tutte le grandi metropoli, mentre sei in metro o seduto in un bar ti capita di incontrare venditori ambulanti o mendicanti. Nonostante tutta la buona volontà possibile, un certo disagio è inevitabile, ma qui è presto rimpiazzato dalla sorpresa dell'incredibile dignità delle persone che non chiedono nè si lamentano, e dall'incredibile rispetto dei Porteños (abitanti di Buenos Aires) che a volte li conoscono per nome e che quasi mai rifiutano di comprare un oggetto inutile per 2 pesos. Sembra che qui chi ha di più non si consideri su un diverso piano da chi è finito in mezzo alla strada, benestanti e poveracci si sentono partecipi allo stesso modo delle disavventure del paese.



lunedì 19 luglio 2010

oPere del MALBA

Eccoci qui finalmente a veder la luce di questa pagina nella grande rete internet. Che abbia inizio il lungo asse Bologna-Buenos Aires.
Ieri ho avuto il primo approcio con la città, dove vige l'inverno e piove a dirotto da due giorni.
C'è da dire che questo inverno, secondo loro rigidissimo, per noi è molto blando.
Comunque la pioggia torrenziale di ieri fatto sì che le scorribande a piedi si siano trasformate in una visita in uno dei musei più importanti della città, il MALBA: Museo de Arte Latinoamericano de Buenos Aires. La visita merita non solo per la ricca collezione di artisti sud-americani, ma anche per il favoloso edificio che la ospita. La struttura è stata progettata e realizzata da 3 architetti di Cordoba di meno di 30 anni!
Nella collezione permanente, che spazia dal modernismo all'avanguardia, dall'astrattisimo al surrealismo, spiccano pezzi grossi come Frida Kahlo, Fernando Botero e Diego Riveira.
Il museo ospita inoltre mostre temporanee e questa volta era il turno del (trito e ritrito) Robert Mapplethorpe. Certo con un maestro della fotografia nord-americana non si sbaglia mai, ma ogni tanto si vorrebbe vedere qualcosa di nuovo. In ogni caso la mostra per la sua completezza offre una bella panoramica sul lavoro dell'artista, inoltre è da premiare l'audacia dei curatori che hanno dedicato un'intera sezione alle opere decisamente provocatorie e benpensantemente oscene, forse completamente assenti nelle esibizioni della nostra italietta.
Dal tetto di lamiera del mio ostello la pioggia sta cominciando a gocciare pericolosamente vicino al mio pc, quindi è proprio il caso di passare e chiudere!




domenica 18 luglio 2010

Welcome

Questa è solo una prova..

Che questa nuova avventura di Pinca Panca & Panca Pinca abbia inizio!!!!!!!!