sabato 24 luglio 2010

Fenomeni Sotto le Stelle

Cos'hanno in comune un mezzo texano, un islandese e due norvegesi???
Beh, il potere di catturare, ognuno a modo suo, l'attenzione di noi privilegiati spettatori che spesso partecipiamo agli eventi per i motivi più disparati: perchè spinti dalla parola "gratuito", perchè incuriositi da quei pochi brani che si aveva avuto il piacere di ascoltare a casa e condividere con qualche amico online, perchè qualche parola più convincente e zuccherosa ci ha permesso di vincere il biglietto, perchè si voleva accompagnare qualcuno che ci teneva più di noi etc...
Beh, nessuno dei personaggi che ho nominato sopra mi ha lasciato indifferente.
  • Micah P Hinson, un Johnny Cash dei nostri giorni: una chitarra scordata -quasi a renderla più umana e vicina al suo "padrone"- ed una voce cupa e vissuta che mai assoceremmo ad una faccetta così "imberbe" e a quel suo look da collegiale che ha appena scoperto lo stile hype dei suoi coetanei e non vuole passare per quello che rimane indietro (finendo quindi per apparire quasi ridicolo). Il suo passato sofferto (droga, prigione, situazioni critiche tutte vissute prima dei 25 anni...) ce lo racconta lui stesso ma sdrammatizzando senza giri di parole e senza filtri per la sua "unpoliteness". E se non ce lo racconta lui trapela comunque da quella voce e da quella chitarra, dalla sua schiettezza nevrotica e tabagista che lo fa salire e scendere dal palco senza una logica, togliendosi e rimettendosi la borsa in finta pelle e accendendo sigarette scusandosi ripetutamente e insistentemente col suo pubblico. Ci ha incuriosito, intenerito, stupito, infastidito, ci ha fatto venire voglia di scoprire qualcosa in più sul suo conto, magari portandoselo in giro per una birretta post-concerto a Ferrara. Ci ha però soprattutto commosso, nel senso meno "zuccheroso" del termine.
  • Jònsi: presentato in modo così asettico e poco poetico dal poster all'ingresso di piazza castello (con su scritto "Jonsi - il cantante dei Sigur Ros"), ha regalato uno show che potrebbe far saltare il suo concerto tra i primissimi posti della "classifica dei migliori concerti mai visti". Una scenografia silvestre, studiata a puntino per regalarci immagini di alberi, di animali dall'andamento e dalle movenze così sinuose e così ben fusi con le note da farci rimanere inebetiti, con gli occhi sognanti. Un'intera band alle spalle che non è certo paragonabile ai Sigur Ros ma è comunque affiatata.. i loro movimenti sul palco ricordavano quasi quelli di bambini in una ludoteca... ogni strumento era come un giocattolo che maneggiavano con naturalezza e con dei sorrisi ingenui e spontanei incollati alla faccia: contagiosi. La voce di Jonsi è come ce la ricordavamo ai tempi dei Sigur Ros: eterea, da creatura dei boschi...Però questa volta è meno irraggiungibile, meno ultraterrena: saranno i ritmi più pop, la batteria regolare e martellante, i costumi a tema o le piume colorate... ma Jonsi è riuscito ad accaparrarsi anche un pubblico molto giovane e da "fan club": ce l'ha dimostrato la prima fila, formata unicamente da ragazzine addobbate con ogni genere di gadget a tema, addestrate e pronte a sfoggiare gli accessori giusti al momento giusto... in fondo tenere, a modo loro.
  • Kings of Convenience: non c'è bisogno di descriverli... due macchiette venute dal nord: il primo, Erik, tentava in modo molto composto e formale di interagire con il pubblico; l'altro (Erlende) semplicemente più "colorato", a partire dalla camicia a quadretti colorati e dai panaloni ROSA :) E' un vero e proprio clown, il palco è il suo ambiente naturale e la sua faccia da ragazzino nerd che ne ha combinate di tutti i colori ed è forse cresciuto troppo in fretta è così divertente che verrebbe voglia di portarselo a casa. Ma oltre a farci sorridere, questi due personaggi, con le loro due chitarre perfettamente sincronizzate e le loro voci soft che si sovrappongono con innata sintonia, ci hanno fatto amare ancora di più le loro canzoni che non smetteremmo mai di ascoltare: sono capaci ogni volta di proiettarci in un mondo bucolico dai colori accesi e dal sole accecante .. ma anche un mondo (quello da cui provengono) solitario, nordico, norvegese, dai colori chiari e freddi; mondo che per ora posso solo immaginare.
Mi è sembrato di captare, ascoltando una delle loro canzoni, una porzione di testo che mi sarebbe potuta piacere... sono andata ora a pescare il testo completo.. la canzone è Homesick. Dico la verità: nel leggerla mi è quasi scesa una parvenza di lacrima perchè credo non ci sia canzone più adatta, in questo momento, da dedicare alla nostra Meri che ultimamente sembra volerci salutare troppo spesso... Dal momento che non era con me al concerto a cui SO che avrebbe voluto partecipare.. incollo qui il suddetto testo "colpevole" (di aver rotto per un attimo il mio muro di algiditas :p):

I lose some sales
and my boss won't be happy
but I can't stop listening to the sound
of two soft voices blended in perfection
from the reels of this record that I found

every day there's a boy in the mirror
asking me
what are you doing here
finding all my previous motives
growing increasingly unclear

I travelled far and I burned all the bridges
I believed as SOON as I hit land
all the other
options held before me
WILL wither in the light of my plan

so I lose some sales
and my boss won't be happy
but there's only one thing on my mind
searching boxes underneath the counter
on a chance that on a tape I'd find

a song for
someone who needs somewhere
to long for

homesick
cause I no longer know
what home is.



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