lunedì 30 agosto 2010

On the floor, under the fireworks




In Giappone ciò che conta sono i dettagli.
Che tu ti trovi nella più grande metropoli o nel più antico paesino di mercanti, a catturare l'occhio sarà sempre un buffo cartello stradale raffigurante un dentino sorridente o una goffa statuetta porta fortuna dalla pancia pronunciata, posta davanti all'ingresso di una casa, fatto di carta di riso e da una griglia di legno sottile. A colpirti sarà l'ordine che vige su tutto, il senso di armonia che ti viene trasmesso dai giardini pieni di pini giapponesi, con quei ciuffetti perfettamente tondi e quei rami sinuosamente ricurvi; dai ponticelli rossi che sono come una bocca sorridente in mezzo a una distesa di arbusti verde bosco; dalle sculture in pietra che raffigurano qualcosa che tu non potrai capire, a meno che non ti vada a informare a fondo. Ma forse è anche bello così, lasciarsi trasportare e lasciarsi stupire, senza troppi perchè.
A stupirti, in Giappone, non saranno tanto i templi, maestosi e dai colori a volte anche troppo sgargianti; sarà piuttosto l'innata disponibilità mostrata da un professore universitario incrociato fortuitamente e fortunatamente in un momento in cui si stava perdendo l'orientamento e di pari passo anche la lucidità mentale. Il caldo asfissiante ha giocato la sua parte. Il gentile ometto pelato, come del resto la maggior parte dei suoi connazionali, non ti chiederà niente in cambio per le sue preziose informazioni, se non un sorriso di ringraziamento e la possibilità di scambiare due parole riguardo al paese da cui provieni.
A stupirti, più che gli strambi grattacieli, saranno le persone che sotto a questi camminano. Sono tantissime, e ti chiedi dove mai si dirigeranno, a metà Agosto, con così tanta determinazione.
Forse tornano semplicemente da una lunga e faticosa giornata di lavoro, ma sono comunque pronti, instancabili, a compiere il loro dovere: far passare a qualche giovane turista europeo una tipica serata giapponese. Serata in cui si spenderanno soldi, tanti. Ma con la consapevolezza che non ti capiterà molte altre volte di chiuderti in una stanzetta, mangiare pollo fritto con le bacchette seduto di fronte ad un megaschermo e, dopo qualche bicchiere di sakè e birra, alzarsi in piedi ed intonare la stessa canzone stupida con cui ti dilettavi di nascosto in Italia.
Non ti stupirai per i fuochi d'artificio sparati sopra ad un fiume giapponese...ma più che altro perchè alcuni di questi fuochi avranno la forma di una emoticon. Sbarrerai gli occhi di fronte alle stranezze che vedrai esposte nei banchetti di junk food: banane ricoperte di glassa rosa o cioccolato tutte infilzate da uno stecchetto di legno e poste in fila (naturalmente ordinatissima). Lo stesso ordine con cui vedrai sistemati i pesciolini fritti con la bocca aperta, sempre da mangiare a mò di spiedino. Oppure non saprai resistere alla tentazione di fotografare delle ragazzine che indossano yukata o kimoni tradizionali, con ai piedi scomodissime ciabatte di legno, intente a fotografare con i loro squadratissimi cellulari uno spettacolo che probabilmente hanno già visto, e vedranno ogni anno. Cellulari appesantiti da frivoli ciondoli dalle grandezze e fattezze più inimmaginabili.
Ti stupirai anche per la insospettata comodità dei futon, quei famosi materassi posti direttamente per terra sopra ad un finissimo tatami. (Era la stanchezza o erano davvero comodi?).


Potrei stare ore ad elencare cosa mi ha emozionato, cosa mi ha commosso, cosa mi ha infastidito, cosa cambierei se tornassi indietro, cos'altro farei se ci tornassi...
Ma adesso sono in vacanza e devo riposarmi.
Domani andrò al lavoro e sarò comunque in vacanza. Almeno dalle 6pm in poi.
Vacanza dalla mini-casa e dall'indi(e)pendenza che avevo tanto desiderato mesi ADDIETRO, che ora non fanno altro che spaventarmi e si aggiungono agli altri pesi che mi imgombrano la testa. Da quell'indipendenza mi separano solo qualche portone, qualche metro e qualche bidone della spazzatura. Potrò riprendermela quando voglio...
..ma a volte fare un passo indietro serve anche per ricominciare tutto con più carica, vero? Vero?
Almeno fino a che non avrò un nuovo letto.
Buenas Noches, otra amiga peretta!


domenica 15 agosto 2010

Anime belle e sfruttate, non disperate!

La mia assenza dalle pagine virtuali è stata causata dall'inizio ufficiale, la settimana scorsa, del festival di fotografia per cui lavoro (senza ricevere nemmeno l'ombra di uno stipendio). Ciò ha comportato qualcosa come 7 o più inaugurazioni, tutta la settimana di letture portfolio, un intero ciclo di conferenze e chi più ne ha più ne metta = 15 ore di lavoro come minimo al giorno.
La parte organizzativa occupa quasi tutta la questione, immaginatevi infatti che si trattava di coordinare 90 artisti e almeno 50 esposizioni, non solo a BA ma anche in tutta la provincia.
Un lavoro da matti, fatto di momenti estremamente soddisfacenti e altri sconfortatamente umilianti: spostare pacchi e pacchi di foto, allestire le mostre, veder accolto un tuo consiglio su un allestimento da un curatore di grosso tiro come Juan Travnik, cronometrare il tempo delle revisioni e uralre nel megafono "FINE TURNO" ogni 20 minuti per tutta una giornata, accollarsi le esigenze di fotografi senza alcun contatto con la realtà che arrivano a 4 giorni dall'inauguarazione con le cornici da montare e 40 foto stampate su tela da fissarci sopra, cene e pranzi tipici argentini con artisti da tutto il mondo con cui stringere amicizie inaspettate, tradurre dall'inglese allo spagnolo e viceversa, vendere cataloghi, fare la traduzione simultanea di una conferenza in italiano (la cosa più difficile della mia vita: avere nele cuffie la voce di una persona, capire cosa dice, tradurre e parlare senza potersi ascoltare mai piùùù mai piùùùùù!!!!), svegliarsi presto anche sabati e domeniche, andare a comprare borse, buste, ritirare commissioni, risolvere crisi istantanee tipo: uno dei revisori portfolio non si preseta senza dire ne a nè b e affrontare decine di persone incazzatissime che hanno pagato per quella revisione,
E dopo tanti momenti in cui ti senti uno schiavo e stimato peggio di un facchino, nell'ennesima domenica in cui ti devi svegliare presto per presenziare alle "intervenciones urbanas" e cagarsi dal freddo in strada per tutto il giorno e smadonnare perchè stai facendo tutto questo aggratiseee, finalmente un momento in cui le cose sembrano prendere un giusto ordine.
Oggi premiavano delle foto che la gente poteva liberamente appendere per la strada, il primo premio è una borsa per studiare nella EAF (Escuela Argentina de Fotografia) che organizza il festival. La mia capa viene li e mi racconta appunto questa cosa dei premi, e io dico, caz magari anch'io una borsa, e lei mi dice che io ce l'ho già una borsa, perchè ho lavorato come un' asina.
E finalmente tutti i momenti umilianti di vendita cataloghi o distribuzione guide o trasporto casse pesanti in cui mi dicevo tutto serve tutto serve fai tutto bene anche le stronzate, ecco finalmente hanno trovato un giusto posto nella mia testa, perchè avere riconoscimento per quello che si è fatto è necessario, perchè la EAF ha appena vinto il premio Sony (che significa che è una delle migliori scuole di fotografia del mondo), perchè per caso o non so per quale altra ragione sono finita a lavorare in questo mondo e avere delle nozioni tecniche costituirà un salto di qualità incredibile per quello che faccio.
Ero anche molto spaventata dall'idea di ritrovarmi a non saper cosa fare perchè finite quste settimane caldissime non avessero più bisogno di me, e invece mi dicono che mi aspettano martedi in ufficio per continuare a lavorare insieme!
Metterci l'anima nelle cose che si fa serve a qualcosa, dunque anime belle e sfruttate non disperate!



mercoledì 4 agosto 2010

It's easy when you're big in Japan

...Mentre organizzo il mio tempo e le mie ultime giornate di lavoro, ascoltando l'ultima "fatica" degli Interpol (per ora sembra non certo originale rispetto al passato ma piacevolmente ascoltabile :D), penso a quando, tra due giorni, sarò in una terra lontanissima d'Oriente.
Mi chiedo se tornerò anch'io innamorata, se verrò trattata come una divinità solo perchè turista e perchè anche i turisti tirano fuori l'innato senso del dovere radicato nella cultura giapponese. Mi chiedo se mangerò pesce crudo, riso e spaghettini di soia e se berrò miso soup e tè verde fino alla nausea (siii quanto non vedo l'ora). Mi chiedo se i tatami e i letti appoggiati per terra dei vari Ryokan in cui avremo modo di pernottare saranno comodi. Mi chiedo se il tre come numero di persone che viaggiano insieme sia giusto. Mi chiedo se i nostri gusti e le nostre esigenze si concilieranno e si incontreranno senza sfociare in spiacevoli episodi. Mi chiedo se riuscirò a vivere l'esperienza di un capsula hotel. Mi chiedo se al caos bizzarro, al grigiore illuminato, al rigore malsano e alla vitalità maniacale di Tokyo preferirò i templi di Kyoto o la vita notturna di Osaka. Mi chiedo se supererò di nuovo la timidezza immergendomi in una vasca di un Onsen senza nulla addosso. Mi chiedo se convincerò i miei compagni di viaggio a entrare in un karaoke come quello di Lost in Translation, ai piani alti di un mega grattacielo, chiusi in una stanzetta a bere e cantare dimenticandosi della realtà che sta fuori.)
Forse mi chiedo fin troppo: dovrei semplicemente smettere di informarmi su tutto e godermi il viaggio per come viene. Qualsiasi cosa vedrò sarà una sorpresa e una novità.

Infine, mi chiedo già da ora se mai ci tornerò, in altre circostanze e con altre predisposizioni mentali.

(Confesso che non mi dispiacerebbe "testare" anche un Love Hotel a tema... ma in Giappone, si sa: SE lo si ama, ci si torna. Sooner or later. Vedremo quindi quale sarà il mio verdetto)