martedì 1 febbraio 2011

spezzatino di volontà, rompimento di patti, brandelli di decisioni.

gambe rotte, anima in brandelli, cuore spezzato.
ossa rotte, spirito in brandelli, volontà spezzata.
spezzatino di volontà, rompimento di patti, brandelli di decisioni.
Dopo tre giorni di un'intensa attività pensativa - alias fissare il muro - oggi è arrivato il giorno di alzarmi dal letto.
Non certo per mia volontà, ma perchè devo andare al lavoro.

Bè comunque io la faccio sempre facile, alla prima delusione, cambio continente.
Daltronde è andata così anche a Milano, alla prima opportunità sono scappata dalle mie paure.
Purtroppo però le proprie paure non si possono lasciare a casa, certo si è totalmente sicuri di non averle messe in valigia, di averle nascoste laggiù in fondo nell'ultimo cassetto di quell'armadio in quella stanza oscura.
Ma loro sono forti, volano veloci e attraversano gli oceani senza dover nemmeno pagare il biglietto dell'aereo. E arrivano, in un modo o nell'altro arrivano.
Certo l'amore da quando sono arrivata qui è stato solo un gioco, conoscere ragazzi era un procedimento di una ricerca antropologica ad ampio spettro.
C'è stato il trentenne contabile e un pò ordinario, poi il coinquilino artistoide e poi il chitarrista oscuro. Non poteva mancare il fotografo, il quarantunenne che ha cresciuto la figlia da solo e il nerd della piscina. E poi un altro musicista, l'ennesimo passatempo. Ma il tempo passa e il gioco sfugge di mano e finisce che l'ultimo passatempo ti spezza il cuore.
Prendere decisioni con il cuore spezzato non è la miglior cosa da fare.
Anche la visita della mia famiglia ha contribuito a gettarmi in questo panico senza confini ben delimitati. Hanno creato un vuoto spazio temporale che ha rotto i miei delicati equilibri.
E poi c'è la questione che, sulla carta, conta più di tutte: il lavoro.
Eh sì, ho perso la motivazione. L'adrenalina di passare tutto il giorno tra fotografi famosi non c'è più, e tarderà ad arrivare ancora più di un anno. E quello che c'è in mezzo non mi piace, e scegliere un lavoro solo per aspettare che arrivi la parte divertente non regge. Soprattutto se il tuo datore di lavoro è un essere spregevole e ti provoca delle crisi d'ansia mai avute.
Il castello di sabbia mi è crollato in testa, e adesso sono piena di fastidiosa sabbia tra i capelli, negli occhi, nelle mutande.
Perchè se oggi vado al lavoro e gli dico che mi licenzio pare che quest'avventura argentina non abbia abbastanza giustificazioni per continuare, senza contare che sono ancora senza carte.
Tornare, volver.
Volver volver volver.
Cazzo sembra facile, ma se poi torno a casa e, e poi come faccio, di nuovo io con i miei non so cosa fare chi cosa dove quando perchè cosa. E poi se di nuovo tutto mi diventasse stretto stretto come tante volte.
E se poi mi pento, e ripenso a questa casa di pazzi coinquilini che adoro e con cui una cena si trasforma in una festa, e a questa città folle, e a questa lingua che mi entra nel sangue e ai miei compagni di teatro e al corso di fotografia.

E se tutte queste patturnie decisionali fossero determinate dal semplice fatto che uno stronzo ha deciso troppo tardi di dirmi che era fidanzato.
La risposta che cerco è dentro di me ed è sempre sbagliata però.
La spensieratezza dei primi mesi non c'è più, e tutti i nodi vengono al pettine.
Oggi mi sono pettinata, e ho talmente tanti nodi che si è rotto, il pettine.
E trovarsi faccia a faccia con i propri nodi e il proprio pettine non è facile stando dall'altra parte del mondo, dove ci si è, da soli, con sè stessi.

Da Pordenone sono scappata a Bologna, da Bologna sono scappata a Siviglia e poi di nuovo da Bologna sono scappata a Milano dalla cuale sono scappata a Buenos Aires. E da Buenos Aires dove scappo?

E ogni volta credo di tornare più forte e torno più vulnerabile, perchè conoscere è terrbile, viaggiare è la quintessenza del sublime, dolcemente terribile. Perchè alla fine ci si deve scontrare con l'ineluttabile impotenza della prorpia potenza, che è solo alla uno, perchè noi possiamo essere uni e molteplici certo, ma reali solo in una dimensione, a meno che non schizzofrenici.

Non è che non mi renda conto che farsi tutte queste seghe mentali non serva a niente, anzi solo peggiori le cose. A me piacerebbe tanto essere una di quelle persone che non stanno lì a torturarsi nei propri pensieri per giorni e giorni, o per tutta la vita. Ma ormai credo di dovermi arrendere a quello che sono, e forse mi è stato dato questo dono, e magari vincere un piccolo concorso di scrittura era un modo come un altro per dirmi che è prorpio questa la mia dote.

E dunque rimane solo una cosa da fare: un passo alla volta.
Fra un'ora devo uscire di casa per andare in ufficio, e davvero non lo so cosa succederà.







3 commenti:

  1. Merilla...
    ho letto tutto questo negli ultimi attimi di una dura giornata di lavoro, mi ha fatto piacere leggerti dopo che non avevo tue notizie da un pò.
    Mi ha fatto piacere sapere che c'è una possibilità di vedere una peretta in città.
    Non mi ha fatto, però, piacere, leggere del periodo di "crollo emotivo".
    Ci siamo passati tutti, tu forse più di altri.
    E anche se dici di tornare sempre più vulnerabile torni comunque piena di saggezza in più. Ed è proprio quella che ti fa stare peggio forse. Più cose sai, più sai cosa ti perdi.
    Più sai cosa vorresti e non puoi avere.
    ....
    Ora devo scappare ma credo proprio che replicherò con un post.
    un bacino *

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  2. Ti rispondo con le parole del mio caro Hugo, compagno di questo inverno, perché è davvero difficile riuscire a dire qualcosa di sensato:
    "La terra non è del tutto dissimile da un carcere. E chi sa che l'uomo non sia un recidivo della giustizia divina? Guardate la vita da vicino. Essa è così fatta che ovunque vi si scorge la punizione. Siete forse voi quello che si chiama un felice? Ebbene, voi siete triste tutt'i giorni. Ogni giorno ha il suo grande dispiacere, la sua piccola preoccupazione. Ieri tremavate per una salute che vi è cara, oggi temete per la vostra, domani sarà per una preoccupazione finanziaria, doman l'altro sarà la diatriba d'un calunniatore, il giorno successivo la disgrazia d'un amico; poi, il tempo che fa, poi qualche cosa di rotto o di perduto, poi un piacere che la coscienza o la colonna vertebrale vi rimproverano; un'altra volta sarà l'andamento degli affari pubblici. Senza contare le pene del cuore. E così di seguito. Una nube si dissipa, e un'altra si riaddensa. A stento v'è un giorno su cento di piena gioia e di pieno sole. E voi appartenete al piccolo numero dei felici! Quanto agli altri uomini, la notte stagnante incombe su di essi. Coloro che meditano sulle sorti umane si fermano troppo poco su queste parole: felice, infelice. In questo mondo, vestibolo d'un altro, evidentemente non vi sono felici. La vera divisione è questa: i luminosi ed i tenebrosi. Diminuire il numero dei tenebrosi ed aumentare il numero dei luminosi, ecco lo scopo. Per questo noi gridiamo: Insegnamento! Scienza! Insegnare a leggere è accendere il fuoco; ogni sillaba compitata sfavilla. Del resto, chi dice luce, non dice necessariamente gioia. Si soffre, nella luce! l'eccesso arde, la fiamma è nemica dell'ala. Ardere senza cessar di volare, ecco il prodigio del genio. Quando conoscerete e quando amerete, soffrirete ancora. La luce nasce in lacrime. I luminosi piangono, non foss'altro, sui tenebrosi."

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  3. Come "ardere senza cessar di volare"? Come conquistare un proprio ruolo, un piccolo spazio, il nostro, nel mondo, in questo continuo tormento interiore? I problemi non risolti e quelli che ci porteremo dietro per sempre perchè parte di noi, non si possono nascondere o cancellare. E poi ci sono quelli contingenti, che riguardano lo sfascio del nostro paese, ma non dimentichiamo, leggendo i libri di storia secondo tutti i critici la propria epoca era sempre peggiore della precedente: sembra paradossale, ma è da sempre in corso una perenne crisi morale nella storia. Il male e il bene, per me, sono sempre della stessa quantità, solo assumono forme diverse nei secoli. Perciò non accomodiamoci sulla teoria di un mondo pessimo in cui non si può vivere, in cui non si può scegliere. Ogni uomo che ha attraversato la vita ha dovuto vedersela con tutta una serie di problemi, ingiustizie e insicurezze connaturate al proprio carattere o dipendenti dalla situazione esterna: politica, sociale, morale. E ha dovuto scavarsi una nicchia più o meno gradevole, più o meno soddisfacente.
    E per fare questo si è sbagliato, ha dato troppa importanza a certe cose, poi si è ricreduto, ha tentato un'altra strada, che escludeva per forza TUTTE le altre, per poi scoprire che c'era un sentiero più facile da attraversare, e allora c'ha riprovato, è ripartito, è tornato, si è fermato un po' e si è di nuovo annoiato.. così si vive! Nè più nè meno di "prima".

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